La propriocezione: una nuova prospettiva

La propriocezione è un aspetto molto considerato in ambito riabilitativo. Ma cosa si intende realmente con questo termine e come migliorarla?
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Si legge e si sente parlare sempre più spesso di allenamento e riabilitazione propriocettiva e propriocezione. Di frequente però gli esercizi proposti non perseguono in modo adeguato lo scopo.

Sappiamo che la propriocezione è la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione.

In questo articolo abbiamo voluto analizzare che cos’è la propriocezione cercando di fare breccia nella confusione che il termine genera nell’ambito pratico delle scienze motorie.

Cosa significa propriocezione? 

 

Il loro effetto si limita a una minima azione positiva sulla propriocezione, cioè la rappresentazione cosciente del senso di posizione e movimento di un’articolazione.

Tutto ciò rispecchia solo la milionesima parte dell’intero flusso d’informazioni propriocettive periferiche. Queste hanno un effetto trascurabile sulla qualità del movimento e la stabilità funzionale dei segmenti corporei.

Se si vogliono risultati concreti, si deve agire sull’archeo-propriocezione. Intendiamo cioè quei segnali che coinvolgono anche le strutture più primitive del sistema nervoso, quelle sottocorticali, che non entrano nel dominio della coscienza.

 

Cosa ci dicono gli studi sulla propriocezione?

 

Recenti studi sembrano confermare che il decadimento funzionale delle strutture implicate nell’archeopropriocezione ha tempi molto più lenti rispetto alle strutture osteo-articolari.

Infatti questo sistema di controllo del movimento mantiene un potenziale molto elevato sia in età avanzata sia dopo traumi importanti.

Propriocezione e riabilitazione: implicazioni nell’allenamento

 

Nella riabilitazione e nell’allenamento dei riflessi propriocettivi per oltre trent’anni si è seguita e usata la stessa metodologia. Ciò, di contro rispetto allo sviluppo tecnologico di tutti i settori della medicina e della scienza.

Infatti l’uso delle tavole basculanti classiche (tavole propriocettive di Freeman). Rendere elettronica una tavola basculante sembra, quindi, la conseguenza più logica per uno strumento così sfruttato, anche se in realtà i presupposti fisiologici vengono in gran parte modificati.

È confermata ed esaltata la necessità di aumentare le situazioni di disequilibrio e instabilità. Possiamo fare ciò utilizzando un mezzo caratterizzato biomeccanicamente da una superficie roto-traslante che consenta a ogni inclinazione di essere controllabile (tabella 1).

Cos’è la tavola basculante nella propriocezione?

 

Tabella 1: La descrizione approfondita della scelta di utilizzo di una tavola basculante.

L’abbinamento di una tavola basculante a un grado di libertà con un supporto elettronico che fornisce il video feedback in tempo reale, aumenta in modo esponenziale il numero di situazioni biomeccaniche.

Queste possono essere gestite nell’unità di tempo per riallineare costantemente il baricentro all’interno della verticale e il centro di rotazione della tavola.

Se si desidera pertanto attivare in modo importante l’archeo-propriocezione (e in particolare i riflessi spinali propriocettivi), lo strumento deve consentire tempi di arresto/inversione brevissimi. Possiamo così gestire un’elevata frequenza d’impulsi in poco tempo (questi viaggiano a 120 m/s).

Il feedback archeo-propriocettivo

 

Per migliorare ulteriormente l’utilizzo delle informazioni archeo-propriocettive, è necessario limitare l’aiuto del tracking visivo e le informazioni che questo fornisce.

Se si esclude l’informazione istantanea relativa all’inclinazione della tavola e si inserisce solo quella riguardante il compito da svolgere in ogni istante, si riproducono le stesse condizioni d’incertezza in cui si trova un pilota che deve compiere un atterraggio strumentale nella nebbia.: La torre di controllo gli comunica, a brevi intervalli, la distanza dalla pista, ma deve governare l’aereo in base alle informazioni fornitegli dalla strumentazione di bordo.

Per far nascere il massimo flusso di segnali propriocettivi dell’arto inferiore in appoggio monopodalico su tavola elettronica, è necessario ridurre al minimo i movimenti delle masse superiori del corpo e dell’arto libero.

Limitando i movimenti di busto e arti, i segnali afferenti e le risposte efferenti, devono viaggiare alla massima frequenza attraverso una serie di micro-contrazioni tra agonisti/antagonisti per gestire in modo adeguato la “verticale”.

In pratica, la massima risposta propriocettiva si ottiene quando controlliamo il corpo come un sistema rigido che ha come un unico punto di snodo la caviglia.

 

Sistemi di controllo posturale e propriocezione 

 

La qualità dei movimenti dipende dal controllo posturale, statico e dinamico, in appoggio monopodalico. Quali sistemi lo governano e com’è possibile valutarne e migliorarne la funzionalità?

Senza la forza muscolare l’uomo non mantiene, infatti, la verticale e la sua condizione d’instabilità favorisce la dinamicità, situazione necessaria per chi vuole e deve muoversi.

Il controllo posturale e la gestione del disequilibrio, fondano i loro principi sull’intervento sinergico dei meccanismi archeo-propriocettivo, visivo e vestibolare (figura 1).

 

Sistema archeopropriocettivo

 

Il mantenimento statico della postura è guidato dalla contrazione costante dei muscoli anti-gravitari, che in posizione eretta e seduta hanno un ruolo minimo.

In dinamica, invece, diventano fondamentali perché – oltre alla gravità – vi sono altre forze che entrano in gioco. Il primo sistema è quello archeo-propriocettivo, quello più raffinato e veloce nell’intervenire.

Sistema visivo

 

È rappresentato da un servizio informativo dalla periferia molto sviluppato che sfrutta le fibre più veloci e i fusi neuromuscolari.

È anche responsabile della risposta effettrice.

Il secondo è quello visivo, un vero e proprio sistema di puntamento che àncora il corpo a punti fissi, migliorando la precisione del controllo posturale già possibile solo col primo.

A occhi aperti, infatti, le oscillazioni laterali del capo sono minime, mentre a occhi chiusi divengono più ampie e frequenti. L’obiettivo è però cercare di minimizzare questa differenza.

Sistema vestibolare

 

Il terzo sistema, quello vestibolare, è più tardivo (soglia di attivazione elevata) e grossolano.

È un sistema di emergenza che agisce quando gli altri due non sono più in grado di gestire in modo autonomo il proprio compito. 

Nel prossimo articolo verranno descritte in modo più approndito le diverse strategie posturali utilizzate.

 

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